AL PALIO DI SIENA VINCE L’ARTE SACRA. Il Drappo del Pittore Cattolico Giovanni Gasparro
di Stefano Chiappalone
Pubblicato in origine da La Nuova Bussola Quotidiana
«Il cencio dipinto di luce ed oro»: così è stato ribattezzato tra l’unanime ammirazione il drappellone (detto appunto “cencio” o “palio”, da cui prende il nome l’intero evento simbolo di Siena) dipinto dal pittore barese Giovanni Gasparro per la corsa o “carriera” prevista per martedì 2 luglio in onore della Madonna di Provenzano, e poi effettivamente disputata giovedì 4 luglio, dopo due rinvii legati al maltempo. A conquistarlo è stata la contrada dell’Onda con il fantino Carlo Sanna detto Brigante, in sella a Tabacco – anzi, senza sella, poiché nel Palio si cavalca “a pelo”.
Una Madonna incantevole che guarda verso il basso, verso la città di Siena, circondata da angeli (come l’“archetipo” della Madonna di Provenzano venerata nell’omonima chiesa senese), il cui stesso manto, candido e lucentissimo, si trasforma in drappellone, che nella parte inferiore reca gli stemmi delle contrade in campo, il cui ricamo in oro richiama lo sfondo della parte superiore.
«L’oro è attributo del divino, come Siena ha insegnato al mondo attraverso i suoi polittici medievali, per l’appunto, a fondo oro. Desideravo che le Contrade si sentissero investite dalla benedizione della Vergine», spiega Gasparro intervistato da La Nazione. Curiosa coincidenza: a fare da modella, prestando il volto alla Vergine, è stata la diciottenne Eleonora Sabatino, imparentata con san Pio da Pietrelcina.
Se pure il drappellone non è in senso stretto destinato al culto, occorre ricordare che il Palio non è mero folklore: è evento insieme civico e religioso, anzi marcatamente mariano. A cominciare dalle date: il 2 luglio in onore della Madonna di Provenzano (ricorrenza legata alla festa della Visitazione nel calendario pre-riforma liturgica) e il 16 agosto in onore dell’Assunta. Il drappellone viene inoltre benedetto dall’arcivescovo, così come i cavalli nelle rispettive contrade. E il primo atto dopo la vittoria vede la contrada vincente recarsi in chiesa (quella di Provenzano a luglio o il duomo, che è dedicato all’Assunta, ad agosto) per intonare il Maria Mater Gratie, popolarmente benché impropriamente detto Te Deum (ma nel senso generico di “inno di ringraziamento”).
Giovedì sera la contrada dell’Onda si è recata nella chiesa di Provenzano con il drappellone appena conquistato, verosimilmente il più bello almeno degli ultimi decenni, da fare invidia alle altre contrade vincitrici delle passate edizioni. Sembrano decisamente lontane le polemiche del passato recente per alcune raffigurazioni apparse ben poco adeguate, specie da quando è invalso l’uso di affidarne la realizzazione ogni volta a un artista diverso (tra Settecento e Ottocento c’era un solo pittore del drappellone, o al massimo due o tre alternati nel corso del Novecento).
A partire dagli anni Settanta a cimentarsi nella realizzazione del “cencio” troviamo: Renato Guttuso, Mino Maccari, Corrado Cagli, Ugo Attardi, Ernesto Treccani, Aligi Sassu, Renzo Vespignani, Riccardo Tommasi Ferroni, Fernando Botero, Milo Manara, Emilio Giannelli, per citare solo alcuni dei nomi più famosi. Va da sé che questa ideale rassegna d’arte contemporanea costituita dalla serie dei drappelloni sia andata incontro, di edizione in edizione, quantomeno al gradimento di alcuni e al dissenso di altri.
E non è indifferente affidare un’immagine mariana alla mano di un cattolico (come Gasparro) o a un ateo oppure… a un musulmano, come accadde nel luglio 2010, quando Alì Hassoun dipinse sulla corona della Vergine la mezzaluna, la croce e la stella di David. Qualcuno parlò di “drappellone islamico” e l’allora arcivescovo Antonio Buoncristiani intervenne a chiedere il rispetto della «tradizione iconografica della festa senese», specificando che l’accostamento fra i tre simboli era improprio, dal momento che «la Madonna per i musulmani è solo la Madre di un Profeta e non la Madre di Dio».
E aggiunse che «in passate occasioni, ci si è trovati di fronte a palii nei quali il senso religioso era pressoché assente, testimoniando piuttosto quella secolarizzazione che svuota simboli e immagini religiose di ogni significato».
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L’annus horribilis fu il 2018, malgrado la presenza addirittura di un Palio straordinario disputato a ottobre in occasione dei 100 anni dalla fine della Grande Guerra. In quel caso il drappellone fu affidato a Gian Marco Montesano, il quale celebrò l’anniversario dipingendo un soldato che offriva dei fiori e baciava la mano di una giovane donna… scena che tuttavia risultò troppo simile a un’immagine reperibile online e riprodotta dal pittore con poche varianti (la vicenda è sintetizzata su Artribune, con il confronto tra il dipinto e la foto). Era andata sicuramente peggio ad agosto dello stesso anno: la Madonna dipinta col suo peculiarissimo stile dal belga Charles Szymkowicz si attirò varie etichette da «inguardabile» a «vilipendio al palio». Effettivamente guardando l’immagine si fatica davvero a vedervi «la più bella fra le donne» (Ct 5,9).
Poiché a tutto c’è un limite, mons. Buoncristiani non benedì il drappellone (caso unico!): «È un’opera d’arte moderna ma non rispetta i caratteri della cultura mariana e per questo benedico la città, ma non il drappellone».
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«Audace nel suo classicismo»: così Axel Hémery, direttore dei musei nazionali di Siena, ha definito il dipinto di Gasparro: «Il simbolo primordiale per questo grande intenditore di religione e di mistica è il bianco immacolato della purezza e della perfezione morale. Un bianco che unisce il registro celeste e quello terreno». E ci voleva davvero l’audacia di questo «grande intenditore di religione e di mistica» che approfondisce il sacro invece di desacralizzare col pretesto di innovare, laddove ai nostri giorni persino nelle opere e negli edifici destinati al culto prevale troppo spesso la ricerca di una stravaganza a ogni costo che in fin dei conti si riduce a una nuova forma di conformismo.
I vincitori di questo Palio sono due: la contrada dell’Onda con Brigante e Tabacco, e l’arte sacra con Giovanni Gasparro.
Stefano Chiappalone
Pubblicato in origine da La Nuova Bussola Quotidiana
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