A NOVELLO ENTUSIASMANTI CRU DI BAROLO DELLA CANTINA STRA. Insieme ai vini Nascetta e Dogliani
Nell’immagine di copertina Roberto Stra con la moglie Maresa e gli ottimi vini della Cantina Stra
Il motto dell’Azienda Stra:
“Ogni vigna ha la sua terra, conoscerla significa capire il vino che ne deriva”
di Sergio Garreffa
(sommelier professionista AIS – II classificato Nebbiolo Master 2017 AIS)
Scoprire la storia delle Langhe – qui vennero fondate le città e i suoi borghi principali, sorsero i castelli più imponenti e soprattutto si sviluppò la viticoltura, che oggi domina l’intero paesaggio e ne costituisce la sua ricchezza e il piacere dell’avventura – è fondamentale poiché queste terre vennero riconosciute nel 2014 Patrimonio dell’Unesco.
Su queste lunghe colline di Novello nasce l’azienda agricola Stra, a 471 metri di altitudine. Un ottimo osservatorio per ammirare la Langa nel suo complesso di incastri unico al mondo.
Il nome Novello deriva da “Novellum Albesium Pompeianorum” usato dagli abitanti di Alba Pompeia in riferimento alle residenze che i patrizi romani costruirono per trascorrere i mesi estivi.
Per alcuni anni fu il cuore di uno Stato feudale retto da un ramo della famiglia dei Marchesi Del Carretto, divenuti attorno al 1100 signori di Novello.
È proprio su queste alture, nella loro tipica cascina piemontese – siamo nel cuore della zona del Nebbiolo da Barolo – che Giovanni Stra di Novello (1934-2011) e Irma Galiero, coadiuvante classe 1936, iniziarono la loro lunga avventura nel mondo del vino. Una sfida che oggi prosegue grazie al figlio Roberto Stra, diplomato alla scuola di agraria di Grinzane Cavour, e a sua moglie Maria Teresa Magliano – per tutti Maresa. Dopo aver ristrutturato l’edificio con la massima attenzione e nel rispetto delle tradizioni architettoniche del luogo, ha preso vita la loro nuova cantina.
L’amore e la passione per la terra e i suoi frutti si tramandano ormai da generazioni. Infatti, c’è anche il figlio Paolo – classe 1991, a sua volta diplomato alla scuola agraria di Grinzane Cavour – a dare continuità a questo splendido lavoro. Il giovane si occupa della produzione, della conduzione dell’uva e della sua trasformazione.
Per noi – racconta Maresa – abitare il territorio vuol dire prendersene cura. Recuperare le varietà autoctone, come la Nas- Cetta, ci impegna a preservare la storica conformazione del paesaggio e a proteggerlo con interventi di manutenzione mirati, sia in vigna sia in cantina, per dare vini unici ai nostri affezionati clienti.
Ogni cantina rivela il carattere di chi la conduce e l’azienda Stra è in perfetto ordine, sia per quanto riguarda le vasche, sia la sala delle barrique, sia il classico ripostiglio – o “Cròtin” sotterraneo – dove si scende con un piccolo montacarichi. Qui si possono ammirare le bottiglie storiche e alcune botti, ideali per l’affinamento: tutto è pulito e perfettamente allineato.
Dal vecchio fienile sono stati ricavati quattro appartamenti con portico e giardino, arredati in modo confortevole, con una piscina affacciata sui vigneti sottostanti. Il loro agriturismo da alcuni anni è certificato “Ospitalità Italiana”, una grande soddisfazione per la famiglia e per la loro attività.
Il loro viaggio inizia con la decisione di sospendere la vendita delle uve per poterle vinificare in proprio, allargando così gli orizzonti, studiando e confrontandosi con le moderne tecniche usate nelle più importanti zone vinicole del mondo.
In pochi anni, in vigna vengono spiantati i vigneti più obsoleti per impiantare razionalmente con materiale genetico selezionato.
Fino a pochi anni fa si riteneva che il Nebbiolo avesse tre cloni: Lampia, Michet e Rosè.
Il Lampia è il più diffuso, robusto e produttivo, con grappoli grandi e conici. Il Michet, ormai poco conosciuto, è invece meno produttivo e dà grappoli più piccoli e spargoli. Il Rosè, infine, è praticamente scomparso, poiché dava un succo profumato ma scarso di colore, in un vino che già di per sé non è carico di antociani coloranti. Ultimamente, il CNR di Torino ha scoperto che il Nebbiolo Rosè non è un clone ma un vero e proprio vitigno autonomo e separato. Ad ogni modo, oggi tra le vigne del Nebbiolo da Barolo si è ridotta la presenza di Michet e Rosè, uve che ormai vengono conservate solo per motivi storici.
In azienda, come nelle altre cantine, sono uscite le vasche di cemento e di vetroresina e sono entrati i tini di legno e le vasche d’acciaio – fermentatori verticali ed orizzontali – così come sono uscite le vecchie e gigantesche botti di legno e sono entrate le barrique, i tonneau e le botti di dimensioni medio-grandi di legno francese o di Slavonia.
Parlando di botti bisogna fare una piccola divagazione, almeno per ricordare un mondo che non c’è più.
Fino alla metà del Novecento, nelle Langhe, le botti impiegate per la produzione dei vini erano realizzate con legni locali, soprattutto castagno o quercia.
Le loro dimensioni variavano a seconda dei quantitativi di uva lavorata nelle varie cantine: grossi legni per i grandi produttori e barili più contenuti per i contadini, che spesso impiegavano fusti da cinque o sette ettolitri.
Quasi ogni paese, come ricorda Roberto, aveva un bottaio, una forma di artigianato locale oggi completamente scomparsa.
A partire dagli anni Cinquanta vennero sempre più utilizzate le botti di rovere, sovente di grandi dimensioni. Prima di essere usati, i legni nuovi venivano trattati con acqua e sale e poi lavati con il vino, questo per evitare che trasmettessero le loro essenze al contenuto. E pensare che all’epoca era considerato un difetto. Erano lontani gli anni dei legni francesi, delle piccole botti e degli aromi vanigliati. L’evoluzione era comunque in atto e una nuova aria sembrava soffiare sulle Langhe e sui tanti creatori di Barolo.
Oggi escono in commercio Barolo più freschi e fragranti, immediati, che evolvono più rapidamente e sono subito morbidi e godibili, e non perdono con l’invecchiamento le loro doti intrinseche.
La forza e la grande personalità del vitigno, e dei suoi territori, sono così decise e vigorose da essere capaci dopo qualche anno di invecchiamento di annullare qualsiasi pratica di cantina per far emergere unicamente il proprio “terroir” – in enologia è il rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato e che determina il carattere e l’unicità del vino che viene prodotto. Il risultato è un vero nettare per il palato.
L’azienda Stra di Roberto, Maresa e Paolo, con i suoi dieci ettari – di cui sei a Nebbiolo – produce 35 mila bottiglie di vino con ottimi risultati e riconoscimenti in Italia e all’estero.
Questa uva, il “Nebiol” – definita nel 1606 da Giovanni Battista Croce “regina delle uve nere” -ha qualcosa di unico, di stupefacente, di meraviglioso. Il Nebbiolo è una pianta difficile da coltivare e da vinificare per via del suo ciclo vegetativo estremamente delicato e sensibile al clima, dal momento che fiorisce dalla metà di aprile e matura tra la prima e terza decade di ottobre. In cantina poi, essendo ricco di tannini ma povero di antociani, è arduo ottenere un colore intenso e soprattutto estrarre le componenti fenoliche in modo equilibrato, affinché si leghino adeguatamente.
La vite, si sa, non è una pianta esigente nei confronti del terreno, si adatta bene in luoghi poveri e magri, poco fertili, e fondamentale è il suo terroir, cioè il suolo, il sottosuolo, il clima, il vitigno e le tecniche antropiche, ossia il lavoro dell’uomo, in vigna e in cantina. Il terreno e le sue Mga sono determinanti per dare carattere ai vini. Nessun vigneto o Mùc – “filare”, in dialetto piemontese – è simile all’altro.
Negli anziani di Langa il termine francese cru però non ha significato:
per loro valeva il Sorì – italianizzato nei trattati ottocenteschi in “Sorito”, che significa soleggiato – per indicare i versanti meglio esposti di una collina. Il migliore è certamente il sorì del mesdì – sorito di mezzogiorno – seguito dal sorì ‘dla matìn, del mattino, e dal sorì ‘dla seira, della sera, ovvero le esposizioni di levante e di ponente.
Oggi i “Sorì” fanno parte della Docg Dolcetto d’Alba, che il Consorzio ha mappato e catalogato arrivando agli attuali 76 Sorì – una specie di Menzione Geografica Aggiuntiva – che si usa per il Barolo e il Barbaresco.
Tra febbraio e marzo, quando le nevi si sciolgono, bisogna stare attenti alle prime macchie scure sul terreno: si tratta degli appezzamenti più belli, quelli di mezzogiorno, più soleggiati, “la fioca a’ scianca” – cioè dove la neve si scioglie prima. È una cartina tornasole, la prova del nove.
Se è custodito in vigna e salvaguardato in cantina, il Nebbiolo regala una uva e un vino come pochi vitigni al mondo. Questo perché – come dice Paolo – il suo lungo ciclo gli consente di elaborare zuccheri e una quantità di sostanze che, trasferite nel vino, rende nel bicchiere una armonia di incredibili emozioni, con caratteristiche superbe e inimitabili.
Grazie alla loro filosofia e tecnica, la famiglia Stra crea un prodotto di assoluta eccellenza dalla vigna alla bottiglia.
“Quando c’è una meta, anche il deserto diventa una strada”
Le Menzioni Geografiche Aggiuntive del comune di Novello: Bergera – Pezzole, Cerviano – Merli, Ciocchini – Loschetto, Corini – Pallaretta, Panerole, Ravera e Sottocastello di Novello.
Le Degustazioni: In ogni bicchiere, una storia.
Finalmente siamo giunti al vino: il racconto sarà corredato da dati analitici e dai quantitativi di produzione. Essendo legati alla singola annata, sono da intendersi come dati medi e la stessa cosa vale per l’esame organolettico che è stato compiuto su una singola bottiglia e su una singola annata, ma è da intendersi come significativo di uno stile di produzione che si ripeterà con le variabili che il clima di ciascuna annata provocherà.
Langhe “Nas-Cetta” Doc – annata 2022 – Gr.14
Menzionata a metà del 1800 dal Fantini nella sua monografia con il nome Nas-Cetta e veniva collocata nel comune di Novello, dove attualmente si trovano la maggior parte delle vigne. L’ampelografo Rovasenda il più illustre della storia, la cita con il nome “Anascetta” nella sua grande opera di ampelografia universale del 1877 e la descrive come “Uva delicatissima e vino squisito”
Nel 2010 il riconoscimento della Doc e nel 2014 la nascita dell’Associazione di Nas-Cetta del comune di Novello, che raccoglie oggi undici aziende. È stata inoltrata la richiesta dai viticoltori per la Dop – Denominazione di Origine Protetta – attendiamo fiduciosi.
Zona di coltivazione è nella “Pallaretta” sottozona storica di Novello, con una produzione di circa 5 mila bottiglie annue.
Una goccia di bianco in un mare di rosso vien da scrivere, ma si tratta di una goccia preziosa che sorprende tanto quanto un Nebbiolo di razza.
Vinificazione
con macerazione per tre giorni a contatto con le bucce, torchiatura leggera con fermentazione del mosto in vasche d’acciaio inox – con frequenti travasi – con temperatura controllata di 18/20 gradi, per circa 14 giorni.
Il Vino:
Colore giallo paglierino intenso, con bagliori dorati, vivo e lucido. Profumi sottili, complessi e molto delicati, che ci riportano alla mente fiori, con l’acacia, il gelsomino, note erbacee ed erbe aromatiche di salvia e rosmarino e una piacevole sensazione di agrumi dolci come il pompelmo rosa a completare un olfatto intrigante e molto avvolgente, in un sottofondo minerale che ricorda il gesso.
Il sorso è completato da una freschezza e una sapidità decisamente importanti, chiude con una nota amaricante, vino che lascia una scia molto persistente e variegata.
Langhe Doc rosato “Ciocchini N.5” – 100% Nebbiolo – Gr.14 annata 2022
Il nome del vino è della loro località, del civico Ciocchini 5 a Novello. È una piccola menzione, considerata come il prolungamento delle Roere e di Santa Maria.
Vinificazione delle uve Nebbiolo dalle vigne più giovani, con pressatura soffice, segue un giorno di macerazione sulle bucce e una fermentazione di circa una settimana. Affinamento in vasche di acciaio inox. Prima annata di produzione è del 2014, oggi la produzione si aggira sulle 2000 bottiglie.
Il Vino:
il colore è rosa salmone, cristallino, con leggeri screzi ramati. Al naso è un mosaico di sensazioni fruttate e floreali: melagrano, nespola, ricordi di agrumi come pompelmo e bergamotto, frutti di sottobosco e fiori di arancio, rosa bianca ed essenze boschive.
Al palato entra con una leggera freschezza, dal tono fruttato di pesca e lieve spezia seducente. La lunga striscia sapida si impone con piccoli cenni minerali in un filo di tannino e di frutti rossi piacevolmente aciduli, in un gradevole retrogusto.
Il Ciocchini N. 5 è davvero un rosato di grande fascino, con una beva importante, intimo e profondo.
Dogliani “Pianezzo” Docg – annata 2022- Gr.13
Le vigne di Dolcetto Pianezzo – una menzione che si trova a Dogliani, a 500 metri slm – appartenute alla madre di Maresa. Prima annata è stata la 2020. Con una produzione che si aggira sulle 5 mila bottiglie. Le prime notizie relative a questo popolare vitigno risalgono alla fine del Cinquecento, anche se per alcuni studiosi, portano a pensare che la sua origine sia più antica.
Il Molon -1906 – parlava di Dolcetto dicendo che “trattasi di un vitigno che nell’alta Italia è forse il più coltivato”. La sua diffusione fu stroncata nel 1932 con l’arrivo della fillossera. Un tempo le barbatelle erano domestiche – si piegava il tralcio, si metteva sotto terra e poi questo metteva le radici, al momento di reimpiantare le viti su piede americano previlegiarono la Barbera, una varietà più resistente alle malattie, oltre che più produttiva.
Vinificazione: durante il processo di fermentazione alcolica, avviene una macerazione di una settimana. Un periodo in acciaio inox, segue l’imbottigliamento. Con una produzione di circa 5000 mila bottiglia.
Il vino:
Rosso rubino con riflessi violacei, molto luminoso. Vino di grande energia e vivacità. Al naso sprigiona note di agrumi e piccoli frutti rossi, ciliegia, ribes, fragola e lampone.
Il sorso intenso, fresco, con un tannino leggero ben amalgamato, per una personalità e persistenza godibile, in un retrogusto che richiama le note fruttate. Vino di estrema eleganza e qualità.
Barbera Superiore – Doc annata 2020 – Gr. 15
Il vigneto è nel borgo di Vergne, in località Bergeisa. Le origini del vitigno Barbera sono antichissime, esiste un documento conservato presso il municipio di Nizza Monferrato dove per la prima volta viene accennato questa varietà, siamo nel diciassettesimo secolo.
Un tempo era indicato come “Grisa” o “Grisola”termine che accomuna il Barbera all’Uva Spina per la sua acidità. Questo almeno succedeva ai tempi di Pier de Crescenzi 1495.
La prima menzione ufficiale però risale al 1798, compare nell’ampelografia dei vitigni coltivati in Piemonte. Anche il Galesio – 1839 – faceva risalire la sua origine piemontese, parlando di “Vitis vinifera Montisferratensis.
Vinificazione: Il Barbera Superiore di “Stra” nasce da uve in purezza di Barbera, su terreni di medio impasto, in grado di conferire al vino struttura ed eleganza. Affinato per due anni in barrique nuove e tonneau di 2/3 passaggio, per una produzione di 5000 bottiglie.
Il vino:
Rosso rubino con riflessi violacei. Vino di profumi decisi e dalla consistenza imponente, in cui la qualità non passa certo inosservata.
All’olfatto si rivela ampio e molto intenso, con sentori di piccoli frutti rossi, note di viola e cenni di spezie, cannella e pepe verde, con vaniglia e note balsamiche in sottofondo.
Al sorso si presenta di corpo pieno, vigoroso, morbido e avvolgente, in un finale persistente, segnato da toni di frutta matura. Ottimo in abbinamento ai primi di carne, si sposa bene con le grigliate e i formaggi stagionati.
Langhe Nebbiolo Doc – annata 2021 – Gr. 14
Una precisazione, per far chiarezza tra Il Nebbiolo d’Alba che deve essere prodotto con 100% uve nebbiolo. E il Langhe Nebbiolo, il disciplinare consente di utilizzare (non è il caso della cantina Stra) fino a un massimo del 15% di altre uve a bacca rossa non aromatiche, idonee alla coltivazione nella regione Piemonte.
Vinificazione con pigia diraspatura e fermentazione per due settimane a temperatura controllata di 18/20 gradi. Affinamento di un anno di botte da 10 ettolitri.
Il vino:
Il suo colore è rosso rubino con inclinazione al granato. Al naso la sua prevalenza è la ciliegia sotto spirito e marasca, insieme alla frutta appena raccolta, ribes, lampone e fragoline, con sfumature di leggere calde spezie. Il sorso è pieno, vellutato e avvolgente, di buon corpo, con una acidità che facilità alla beva, retrogusto che sfuma nel dolce fruttato, con misurati tannini a dare più incisività al palato, in una lunga e appagante persistenza gusto-olfattiva.
Barolo “La Volta” Annata 2019 Docg – Gr. 14,5
A parte una striscia di vigneti che si affaccia sulla collina dei Cannubi, la menzione La Volta è caratterizzata da un pendio dolce rivolto a occidente, il terreno simile al Bricco Viole, ricco di calcare, magnesio e manganese del periodo Tortoniano derivante dalle cosiddette Marne di Sant’Agata.
La prima produzione del Barolo La Volta dell’azienda Stra è stata l’annata 2014.
Vinificazione: fermentazione e macerazione di circa 20 giorni a temperatura controllata, seguono 3 anni di affinamento in botti di rovere di Garbellotto.
Il vino:
Ha un colore rosso rubino violaceo non troppo intenso con decisi riflessi granato.
L’apertura olfattiva con nette note di camino e catrame vegetale, con lievi segni evolutivi con un frutto e una spezia non molto intensi, ma piccanti. Al palato frutto maturo e succoso, la trama tannica è vivace e aumenta la sensazione gustativa e tattile e porta a una lunga persistenza, con un retrogusto di sapori di sottobosco, di fungo, tartufo e legno antico. Ha un carattere che lo rende godibile. Col tempo può riuscire ad esprimere al meglio tutto il suo potenziale. Vino da lungo invecchiamento, può reggere benissimo 15 anni e più. Complimenti alla famiglia Stra.
Barolo “Ciocchini – Loschetto” – Annata 2019 Docg – Gr.14
Questa menzione Ciocchini-Loschetto insieme a quella di Corini-Pallaretta, copre l’intero versante che dal confine con Barolo arriva fino alle porte del paese di Novello. Da questo singolo vigneto la famiglia Stra è l’unica a produce questa menzione dal 2014.
Vinificazione: fermentazione e macerazione di circa tre settimane a temperatura controllata, seguono 3 anni di affinamento in botti di rovere.
Il vino:
Ha un colore rosso rubino integro e con lieve riflesso bruno-granato. Ottimi profumi speziati in un immediato tocco di legna arsa, di seguito si percepiscono le note floreali, rosa di macchia e note fruttate mature e dolci di lampone e ciliegia. Con un carattere speziato intenso con punte appena piccanti e calde tra pepe, chiodo di garofano e cannella. Al palato si fondono con la trama tannica abbastanza fitta e viva, fine e consistente, persistente e allo stesso tempo elegante. Di carattere generoso e pieno di vitalità, questo grande Barolo che prima sembra quietarsi e subito dopo dare improvvise rotondità. Tante emozioni in un calice di Barolo, un nettare per l’olfatto e il palato. Grazie a Roberto, Maresa e Paolo.
Mi auguro che i lettori e gli amanti del Barolo sappiano cogliere in questo articolo la nobiltà non solo di un vino, ma di un paese e dei suoi artefici. E conoscere meglio la famiglia Stra di Novello, che ha saputo tramandare negli anni la sua passione e continua con i suoi vini di estrema eleganza e qualità a farci emozionare ad ogni sorso del loro lavoro.
Ringrazio di cuore per la bella e interessante giornata trascorsa in cantina, con visita anche al suggestivo accogliente agriturismo, e per i vini degustati insieme a Maresa, Roberto e Paolo. Grazie per aver condiviso la vostra lunga storia e la dedizione per la vigna.
Solo così si può gustare la terra e lo specifico luogo da cui l’uva proviene.
Sergio Garreffa
(sommelier professionista AIS – II classificato Nebbiolo Master 2017 AIS)
Cell. 347 5812919 e-mail sgbarolo@gmail.com
Azienda Agricola e Agriturismo Stra
12060 Novello (CN) Italia
0173 731214
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www.aziendaagricolastra.it