MARCO CURTO, IL BAROLO ARBORINA CHE INCANTA. Nei Vini l’Armonia tra Tradizione e Innovazione

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La terra vale quanto chi la lavora (Marco Aurelio)

Nell’immagine di copertina il sommelier AIS Sergio Garreffa con Nadia Curto, titolare della cantina Marco Curto di La Morra

di Sergio Garreffa
(sommelier professionista AIS – II classificato Nebbiolo Master 2017 AIS)

“Morra, bel cielo e buon vino”.

La frase viene pronunciata da Papa Pio VII durante una sosta ad Asti, mentre è in viaggio per Parigi, ricordando il suo noviziato all’Annunziata di La Morra. Il nome del luogo, fondato all’inizio del secondo millennio, in realtà era “Le Murre”: lascia intuire l’attività predominante della comunità albese che vi si era insediata, infatti Murra significa: “recinto per il bestiame”. Nel centro del paese c’è una targa che lo ricorda.

Nel 1269 La Morra – e con lei Alba – cade sotto il dominio di Carlo d’Angiò. È infeudata al cavalier Sordello da Goito e poi, nel 1340, venduta a Pietrino Falletti per tremila fiorini. Nel Seicento vengono compilati i “Catasti” che regolavano la vita della comunità: è qui che compare per la prima volta il termine “nebiolium”, a testimonianza della vocazione viticola del paese.

Nella frazione Annunziata, dove sorge la cantina di Marco Curto, è aperto alle visite il complesso romanico-barocco dell’ex convento benedettino di San Martino di Marcenasco, ora chiesa dell’Annunziata. Nelle cantine si trova il Museo Renato Ratti dei vini d’Alba.

Il vino è una delle grandi conquiste dell’uomo che ha trasformato un frutto perituro in qualcosa di permanente (Jean Arlott)

AZIENDA MARCO CURTO NELLA STORIA DEL BAROLO

Fin da piccolo Marco Curto passava le sue giornate tra le vigne con la famiglia e respirava la terra: e quasi senza saperlo si è ritrovato a coltivarla e a proteggerne i vigneti, la sua fonte di vita e sostentamento.

Proprio tra i filari, giovanissimo – mi racconta – ha conosciuto Adele: oggi sono 60 anni di vita insieme! Nel frattempo la famiglia si è allargata: Marina, la primogenita, insegna nella scuola elementare di La Morra e ha una figlia, Maria Vittoria, di 19 anni. Poi viene Nadia che dopo essersi diplomata al Liceo Classico di Alba e laureata in Economia a Torino, dà continuità e tradizione alla cantina al fianco dei genitori. Ha due figli: Giovanni di dodici anni e Marta di dieci. Il marito di Nadia, Davide Borsalino, fa il giornalista ad Alba.

Marco Curto, storico viticoltore e barolista di di La Morra

Ma facciamo un passo indietro per capire chi è Marco Curto o perlomeno per farci un’idea sulla sua vita a La Morra, la sua terra di elezione. Non si può non partire dal contesto storico in cui visse: i luoghi di questa storia sono ovviamente quelli di Alba e delle Langhe. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, la piccola proprietà contadina, quando non veniva abbandonata, sopravviveva con l’aiuto dei giovani componenti della famiglia.

Così fu per Marco che iniziò a muovere i primi passi in vigna. Quando si passò alla meccanizzazione dell’agricoltura collinare, Marco – con i primi sacrifici – acquistò i terreni, che oggi sono un grande valore aggiunto.

La coltivazione della vite richiedeva molto lavoro manuale e in principio la famiglia vendeva le sue uve a grossisti e alle poche cantine esistenti.

La cantina di affinamento dell’azienda agricola Marco Curto a La Morra (Cuneo, Piemonte)

Le stalle – dove trovavano riparo qualche vacca, dei maiali e alcune pecore – richiedevano un’attenzione continua, ma la resa economica della carne, seppur di eccezionale qualità, compensava solo in parte gli sforzi.

In zona però non avvenne l’esodo, non ci fu lo spopolamento delle campagne come accadde in altre parti d’Italia. E la Ferrero, la grande industria dolciaria che nel 1946 muove i primi passi, fa sì che i lavoratori non lascino le loro case di collina, grazie a pullman messi a loro disposizione.

I “langhetti”, gente abituata a faticare, si rimboccarono le maniche coniugando il lavoro in fabbrica alla cura della terra, una terra ancora povera: i grandi vini infatti arrivarono solo dopo, grazie alla tenacia degli agricoltori. Marco Curto ci ha creduto fin da subito: il miracolo e la valorizzazione della zona, con le Denominazioni di Origine dei vini pregiati, ha dato i suoi risultati negli anni successivi.

Oggi l’azienda ha grandi aspettative. Il nuovo impianto di Nebbiolo, in corso di allestimento, completerà i quattro ettari di proprietà –  di cui tre vitati – acquistati nel tempo con i sacrifici di Marco, oggi ottantaseienne.

Nuovo impianto di Nebbiolo dell’azienda agricola Curto

Nel 2002 la figlia Nadia ha preso il largo, grazie al desiderio di seguire e sviluppare le orme dei genitori. Entrata in cantina, fin da subito ha messo al bando l’uso di prodotti chimici invasivi, preferendo il concime naturale, le trappole ai ferormoni al posto degli insetticidi e la poltiglia bordolese come base per la cura di varie patologie.

Oggi l’azienda ha la certificazione biologica ufficiale. Seguendo i consigli del fratello della mamma, Elio Altare, è riuscita a portare il Barolo sul mercato dell’eccellenza con i vigneti dell’Arborina, che da sempre va a costituire il Barolo La Foia (la foglia), prodotto con tale denominazione dal 1997.

NELLA COLLINA DELL’ABORINA

L’Arborina è una Mga, Menzione Geografica Aggiuntiva. Menzioni, Cru o Sorì vengono spesso usati indistintamente: i sorì – in dialetto Solatio – indicano i versanti meglio esposti di una collina, mentre la parola francese Cru indica un’eccellenza territoriale, quindi non per forza legata all’esposizione. La differenza tra cru e menzioni sta nel fatto che i cru indicano un valore qualitativo mentre le menzioni un valore puramente geografico.

Il primo a vinificarlo in purezza con grande successo fu Elio Altare. Seguirono poi altri produttori: oltre a Marco Curto anche i fratelli Corino, Renato e Giuliano, Mauro Veglio e Gian Bovio. Il nome Arborina deriva dal termine dialettale “arbo” – albero – e da “arbeut”, germoglio.

L’Arborina può essere associata a un’altra Menzione, la Cascina Nuova, citata da Lorenzo Fantini nella sua “Monografia sulla Viticoltura ed enologia nella provincia di Cuneo”, pubblicata nel 1879, che propone una prima delimitazione della zona.

Fantini, nella sua tabella dei migliori Sorì – cioè baciati dal sole – cita la cascina come posizione scelta e la colloca a 300 metri sul livello del mare.

Già gli antichi Romani, il Columella per primo, affermava questo principio: “Apertos Bacchus amat colles”, la vite ama i colli soleggiati.

La Barricaia, luogo-silenzioso dove riposano i vini in una giusta conservazione delle botti

Il Barolo Arborina si differenzia dagli altri Mga soprattutto per la sua struttura elegante e per il bouquet intenso e persistente, che contribuisce alla sua dote, la finezza (possono essere bevuti anche abbastanza giovani), che è data dal terreno ricco di Marne di Sant’Agata, di colore grigio bluastro, appartenenti al periodo Tortoniano: argille al 55%, sabbia finissima al 30% e calcare al 15%. I residenti lo chiamano in dialetto “Toov”.

Infatti il Barolo, dopo tre anni di maturazione di cui almeno due in botti di legno di rovere, può essere commercializzato, mentre per la Riserva sono necessari cinque anni.

Il Barolo è diventato Doc il 23 aprile del 1966 e Docg il 1° luglio del 1980. Soltanto nel 2009 sono arrivate le Menzioni Geografiche Aggiuntive, che sono 181 in totale: 170 più gli 11 comuni del comprensorio.

Il sommelier Sergio Garreffa con Nadia Curto
Le Degustazioni

Nelle vinificazioni vengono usate sia vasche tradizionali con i rimontaggi e le follature manuali, sia con il roto-fermentatore, ossia una vasca orizzontale con pala interna che tiene in continuo movimento il mosto dando un’estrazione aromatica intensa. Senza lieviti esterni. I vini non vengono né filtrati né chiarificati, per mantenere la ricchezza e la naturalità.

Barolo Docg “Arborina” annata 2014 – Gr, 14,5

 Il vigneto Arborina è una collinetta in corrispondenza della borgata Ciotto, verso sud guarda l’Annunziata. Sulla sua sommità c’è una vigna pianeggiante detta “La Buta” in piemontese la bottiglia, ben visibile dal vigneto Gattera. Marco e Nadia Curto, oggi sono tra i pochi proprietari che producono questa menzione l’Arborina.

Il vino:

Dal colore rubino granato, con caldo riflesso aranciato.All’olfatto si apre franco ed immediato, legna arsa e rosa appassita, lampone sciroppato e ciliegia sotto spirito, speziatura minuta e un ricordo di catrame vegetale.

Il gusto è caratterizzato da sentori fragranti, maturi che conserva una discreta acidulità, che si fonde con la trama tannica piuttosto viva e che fa sentire ancora il suo carattere asprigno, quasi ruvido. Di tipo evolutivo sono le spezie dolci, con ricordi di anice, liquirizia e chiodi di garofano e sentori di sottobosco.

Un Barolo deciso, che dovrà ammorbidirsi con qualche anno di invecchiamento, ma ora esprime già tutto il suo potenziale. Eccezionale.

Barolo Docg La Foia 2017 – Gr. 14.5

La Morra, con l’Arborina si è guadagnata la fama per i suoi Barolo solari, setosi, dotati di struttura, in un’annata come quella del 2017, siccitosa tra agosto e fine ottobre, con piogge che hanno permesso di trovare il giusto equilibrio per la vendemmia e salvare un’annata partita con gelate nel mese di aprile.

Il Barolo classico La Foia ha un affinamento in botti di rovere da 20 o 30 hl per due anni.  Il terzo anno imbottigliamento senza chiarifiche e filtrazioni. Al quarto anno dopo l’affiannamento viene messo in commercio.

Il vino

Il colore è di un rosso granato, piuttosto intenso. Con un profumo ricco di fragranze floreali e una fruttuosità succosa e matura, arricchito da leggere spezie, con precisi ricordi di camino che ci conduce al goudron, con sentori di sottobosco, una nota di tabacco e caffè tostato.

Al gusto la frutta è polposa, le spezie sono dolci e caldi, ma senza cedimenti stucchevoli, netta è la nota di chiodo di garofano e liquirizia e funghi. Tutto quello che all’olfatto era in sottofondo, al gusto acquisisce forza e sicurezza. La tessitura tannica è molto fine, mantenendo un carattere più incisivo, maschile, di quanto si potesse immaginare inizialmente Un Barolo di eleganza e personalità, che si esprimerà al meglio tra qualche anno …Ottimo

Barolo Docg 2015 Riserva La Foia e Barolo Docg La Foia 2017

Barolo Docg 2015 “Riserva” La Foia – Gr. 14.5

 La Riserva con 72 mesi di affinamento di cui 2 anni in acciaio, 3 anni in botte grande di rovere di Slavonia di secondo passaggio, un anno in bottiglia, il settimo anno esce in commercio.

 L’annata 2015 ha avuto mesi di grande ondate di calore, specialmente nel mese di luglio, agosto caldissimo, ma con una settimana di piogge. Un settembre piuttosto nella normalità e un ottobre con piogge intense, arrivate nel bel mezzo della vendemmia, senza effetti negativi.

Il gusto è influenzato dall’annata, che comunque la 2015 si conferma al vertice, e determina molti aspetti della configurazione di un Barolo e dalla mano del produttore.

Il vino

Il colore si presenta rosso granato di buona intensità, che comincia ad evolversi, con segni aranciati verso il bordo. All’olfatto si apre subito con un profumo dai toni floreali di rosa canina, viola e rosa appassita, erba, anice e finocchio, poi con un buon frutto, prugne, mirtilli, more e leggera liquirizia e catrame vegetale con tabacco a impreziosire l’olfatto.

Grande maturità al gusto, con un frutto concentrato insaporito dalle spezie e un tocco balsamico. La trama dei tannini è fitta e minuta, ma lascia trasparire un carattere deciso, ma molto fine ed elegante, che porterà sicuramente a traguardi lontani, con fantastiche prospettive. Eccezionale.

“Non esiste il Barolo ideale per tutti. Ma esiste il Barolo ideale per ognuno di noi”

Il Dolcetto Doc 2020 della cantina Marco Curto

Dolcetto d’Alba Doc 2020 – Gr. 13

Le prime notizie del vitigno Dolcetto risalgono alla fine del Cinquecento.La sua culla di elezione rimane la zona del Monferrato, soprattutto nel Cuneese e la zona dell’Alessandrino.

Girolamo Molon, (una delle figure più importanti dell’ampelografia italiana, laureato in Scienze agrarie nel 1882 a Milano). Diceva al riguardo che si trattava di un vitigno che nell’alta Italia era il più coltivato.

Anche se con la fillossera la sua diffusione fu stroncata, al momento di reimpiantare le viti preferirono e previlegiarono la Barbera, una varietà più resistente alle malattie e molto più produttiva. Il vigneto si trova in una Mga chiamata Gattera, famosa per l’imponente cedro del Libano plurisecolare che la sovrasta.

Il vino

Il colore è rosso rubino con screzi violacei, all’olfatto prevalgono profumi di frutta rossa, con mirtillo e ribes, con tocchi floreali di violetta ed evidenti note di spezie dolci, erbe aromatiche e una piacevole nota di visciole, che racchiude un olfatto piacevole e intrigante.

Al palato ritroviamo le stesse sensazioni, dal gusto succoso di ciliegia e marasca, in un accarezzevole tannino, esaltato da una piacevole acidità, avvolto nella sua struttura elegante, con carattere, ma senza eccessi.

Il Barolo Chinato La Foia

Barolo Chinato LaFoia – Gr. 18

Secondo l’art. 10 del disciplinare di produzione del Barolo Docg, il Barolo Chinato deve essere ottenuto per infusione di China Callissaja. La corteccia di china è soltanto uno dei principali ingredienti, le spezie che lo compongono sono moltissime e le formule sono segrete e viene affinato almeno un anno in botte prima di essere imbottigliato.

L’inventore è stato il dott. Giuseppe Cappellano di Serralunga d’Alba, farmacista ed enologo con bottega a Torino, proveniva da una famiglia di notai.

A causa dell’improvvisa scomparsa del fratello Giovanni, si era recato in Tunisia per cercare vitigni resistenti alla fillossera ed aveva contratto una malattia tropicale.

Giuseppe divenne uno dei più importanti conoscitori delle vigne e del Barolo, in particolare del Barolo Chinato. Il Barolo Chinato può essere usato come aperitivo, servito con ghiaccio e selz, digestivo da fine pasto e da dessert a base cioccolato, meglio se fondente.

Il vino

Il Barolo Chinato di Marco e Nadia Curto è un vino dal colore rosso granato con bagliori aranciati. All’olfatto è un mosaico di profumi intensi, che ricordano le spezie e il rabarbaro, con la liquirizia, maggiorana e cardamono.

Al sorso si percepisce la forte impronta calda, dolce con note retronasali aromatiche. La lunga persistenza gusto-olfattiva lascia alla fine sensazioni gradevolmente amare della genziana.

La degustazione di Sergio Garreffa con Elisa Lombardi che si occupa dell’accoglienza dei turisti nella cantina Marco Curto

Sarei contento se attraverso questa lettura gli eno-appassionati avvertissero il desiderio di solcare le colline delle Langhe e ammirare con sempre più attenzione le vigne, che rappresentano la grande storia del Barolo.

Grazie Nadia, per la disponibilità e la simpatia che ti contraddistinguono: è stata una lunga mattinata impreziosita di dettagli ed emozioni, con i tuoi vini protagonisti, di estrema eleganza e piacevolezza.

Sergio Garreffa
(sommelier professionista AIS – II classificato Nebbiolo Master 2017 AIS)


Azienda Agricola Curto Marco
Frazione Annunziata
Borgata Ciotto 59 La Morra (CN)
Tel. 0173 50640
www.vinicurto.it
e-mail nadia@vinicurto.it


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Sergio Garreffa

Appassionato di cibo e vino, che ha inizio nel lontano 1982, con una carriera da degustatore professionista A.I.S. dal 2018 al 2022 Delegato del Tigullio Promontorio Portofino. Ambasciatore del Vermentino dal 2016 e miglior Sommelier della Liguria 2011, nonché secondo al master del Barolo, Sagrantino e Lambrusco e terzo posto al Prosecco e Friulano. Oggi con grande passione e amore qui su Art & Wine per recensire e descrivere le storie di importanti aziende del settore vinicolo.

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